SALUTE
Le malattie cardiovascolari e le donne: verso una medicina di precisione
Malattie cardiovascolari e sesso femminile: sono diverse dagli uomini?
Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in Europa e tale concetto è un dato stabile ed assodato, tuttavia è meno noto come esse rappresentino la principale causa di morte nel sesso femminile, surclassando anche il cancro della mammella. La presenza di malattie cardiovascolari nella donna, se è vero che aumenta per entrambi i sessi con l’età, è più bassa nelle donne in premenopausa rispetto agli uomini di pari età, ma subisce un rapido incremento nelle donne nella menopausa tanto da superare gli uomini nella fascia di età sopra i 65 anni. Va specificato che questo “ritardo” nel superare gli uomini come incidenza di malattie cardiovascolari è ahimè compensato dal triste primato che la loro presentazione clinica è estremamente più seria. A ciò va detto che se si aggiunge l’incremento dell’aspettativa media la presenza di comorbidità aumenta ed aggrava le malattie cardiovascolari. Nonostante i dati epidemiologici sopracitati le malattie cardiovascolari nelle donne rimangono scarsamente riconosciute basti pensare al fatto che per esempio l’infarto miocardico nelle donne non sempre si presenta con il classico dolore toracico rendendolo quindi attribuibile a cause diverse ma erronee in quel momento, con la conseguenza terribile che il ritardo diagnostico nell’infarto si traduce in maggiore quantità di muscolo perso per necrosi! A tali concetti si devono aggiungere purtroppo considerazioni sociali e scientifici. Tra i primi si ricorda la predominante ottica “androcentrica” che tende a non differenziare tra uomini e donne tra cui le manifestazioni cliniche, diagnosi, prognosi e risposta alla terapia nei due sessi. Il fattore menopausa poi è assolutamente trascurato dal punto di vista cardiovascolare sebbene rappresenti una serie di modificazioni fisiopatologiche che determinano l’aumento del rischio cardiovascolare. In ultima analisi resta evidente che dal punto di vista scientifico vi è una sottorappresentazione femminile negli studi clinici che di conseguenza porta ad alcune lacune nelle conoscenze relative alla patogenesi e agli aspetti fisiopatologici peculiari delle malattie cardiovascolari nelle donne.
Fattori di rischio cardiovascolare nelle donne
Quando ci di riferisce a fattori di rischio nelle donne è bene ricordarsi innanzitutto di ciò che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto come concetto di “medicina di genere” definito come lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona. Sebbene ne stia aumentando la consapevolezza, l’importanza della medicina di genere in termini di prevenzione e trattamento delle malattie cardiovascolari è tutt’oggi sottovalutata e manca la disponibilità di strategie preventive, diagnostiche e terapeutiche specifiche per il genere femminile. Nelle precedenti Newsletter si è parlato di cosa sono i “fattori di rischio cardiovascolare” in questo appuntamento approfondiamo come essi siano diversi se declinati in base allo specifico sesso femminile. Alcuni esempi:
- maggiore vulnerabilità ad alcuni fattori di rischio cardiovascolare tradizionali come l’ipertensione arteriosa, diabete, fumo di sigaretta e introito di sale: questi sono infatti dei veri e propri killer denominabili “super fattori di rischio” per le donne rispetto agli uomini!
- Si è dimostrato che alla donna basta fumare un terzo delle sigarette dell’uomo per essere esposta al medesimo livello di rischio
- il profilo di rischio cardiovascolare appare peggiore nelle pazienti diabetiche rispetto ai pazienti diabetici maschi.
- Un introito di sale elevato (>5g di sale) ha un impatto maggiore sull’aumento dei valori di pressione arteriosa nelle donne, perché sono più sodio-sensibili.
- specialmente nelle donne, misurare solo il peso corporeo non è sufficiente, perché non fornisce un’indicazione veritiera del grasso viscerale, ed è quindi importante la misurazione del rapporto vita-fianchi.
Accanto ai classici fattori di rischio vanno annoverati poi quelli definiti “aggiuntivi “legati a comorbilità e ad aspetti psicologici. Tra i fattori di rischio aggiuntivi legati a comorbidità vanno annoverati i disturbi alimentari, quello del sonno, emicrania, malattie infiammatorie croniche e/o autoimmuni, sindrome depressiva, terapie antitumorali pregresse o in corso. Tra i fattori aggiuntivi legati ad aspetti psicologici occorre ricordare la situazione socio-economica, la storia di violenza e abusi e la storia familiare. Un capitolo a parte merita poi la presenza del rischio cardiovascolare legato alla storia ostetrico-ginecologica e quindi alle diverse fasi ormonali che ne caratterizzano la vita. Tra tutto occorre ricordare come la perdita della protezione estrogenica legata alla menopausa può aumentare il rischio cardiovascolare come conseguenza di una serie di modificazioni fisiopatologiche. In particolare il grande nodo è rappresentato dall’esposizione estrogenica nell’arco della vita fertile. Dal menarca in poi, gli estrogeni contribuiscono a ridurre la pressione arteriosa ed il rischio cardiovascolare. Questa protezione è mediata da diversi meccanismi, tra cui la vasodilatazione endoteliale attraverso la regolazione positiva della via dell’ossido nitrico e l’inibizione dell’attività del sistema nervoso simpatico e del sistema renina-angiotensina. Inoltre, gli estrogeni diminuiscono la proliferazione endoteliale, riducono lo stress ossidativo e l’infiammazione. Dopo la menopausa, la marcata diminuzione dei livelli di estrogeni spiega in parte come mai la pressione arteriosa e il rischio cardiovascolare in generale aumentino.
Esistono percorsi ad hoc per la prevenzione cardiovascolare nelle donne?
Nell’ambito dello sviluppo della medicina di genere e della medicina di precisione, varie società scientifiche hanno proposto dei percorsi ad hoc per valutare il rischio cardiovascolare di un soggetto in base al genere finalizzato alla prevenzione. In particolare la Società Italiana di Cardiologia ha stilato un elenco di quelli che sono da considerare come esami di primo livello per il calcolo di rischio cardiovascolare nelle donne. I parametri fisici da valutare sono altezza, circonferenza della vita e rapporto vita-fianchi, peso, indice di massa corporea. Gli esami ematochimici da eseguire sono: acido urico, abuminuria (rapporto albumina/creatinina su urine spot, creatinina (per stimare la GFR), emocromo, funzione tiroidea (TSH), glicemia ed emoglobina glicata, profilo lipidico (colesterolo totale, C-HDL, C-LDL e trigliceridi), transaminasi, sodio e potassio. In aggiunta sarebbe opportuno una automisurazione domiciliare della pressione arteriosa ed un monitoraggio della pressione arteriosa delle 24h.
Prof.ssa Martina Perazzolo Marra,
Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica
Università degli Studi di Padova
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