
Naspi 2025: nuove regole per i lavoratori
Naspi 2025: nuove regole per i lavoratori
La NASpI ossia la Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego è l’indennità mensile di disoccupazione introdotta nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, che contiene le disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati.
A chi spetta la NASpl
La NASpI spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perso involontariamente l'occupazione, compresi gli apprendisti; i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le cooperative; il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato; i dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni. Dunque, per aver diritto a tale indennità, occorre uno stato di disoccupazione involontaria, ma bisogna anche soddisfare un requisito contributivo, legato alle settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
In presenza dei requisiti la NASpI viene erogata dall'INPS ed è coperta dalla contribuzione figurativa. L’assegno mensile è pari al 75% della retribuzione media degli ultimi 4 anni del lavoratore, secondo un massimo definito per legge, con riduzione del 3% mensile a partire dal 6° mese di percezione (dall'8° per i lavoratori che al momento della domanda hanno almeno 55 anni) e può ridursi in base a condizioni soggettive (es: lavoro autonomo, lavoro intermittente). La NASpI viene erogata per un periodo calcolato in base alla metà delle settimane lavorate negli ultimi 4 anni, in ogni caso entro un massimo di 24 mesi, ma l’erogazione può essere anche sospesa o decadere. Dal 1° gennaio 2025, con l’ultima Legge di Bilancio, sono state introdotte nuove regole per accedere alla Naspi, con lo scopo di limitare gli abusi relativi a tale indennità di disoccupazione.
Le nuove regole introdotte con la legge di bilancio 2025
Le variazioni introdotte con la sopracitata legge di bilancio riguardano soprattutto i casi di dimissioni volontarie e il calcolo dei contributi, soprattutto per il lavoratore che prima ha presentato dimissioni volontarie da un impiego e che poi, nei 12 mesi successivi, è stato assunto da un altro datore di lavoro per poi essere successivamente licenziato. In base alle novità del 2025, in questa situazione, il lavoratore licenziato non ha più diritto alla Naspi e non ha accumulato almeno 13 settimane di contribuzione (cioè 3 mesi) nel nuovo impiego, quindi il lavoratore non potrà percepire l’indennità di disoccupazione in assenza di un rapporto di lavoro della durata di almeno 13 settimane. Questa previsione di legge è funzionale soprattutto per limitare le azioni scorrette dei cosiddetti “furbetti”, infatti, l’obiettivo del legislatore è quello di arginare la condotta scorretta di coloro che in passato sono riusciti a risultare idonei a percepire la Naspi anche nel caso di dimissioni volontarie, grazie ad alcuni espedienti. Esemplificativo è il caso del soggetto che, dopo aver presentato le proprie dimissioni, si rivolgeva a un datore di lavoro disposto ad assumerlo per poi licenziarlo in breve periodo; pertanto l’introduzione del requisito delle 13 settimane di contribuzione rappresenta un presupposto importante.
Il Collegato lavoro e le dimissioni per fatti concludenti
In materia di diritto del lavoro e conseguentemente di diritto all’indennità di disoccupazione, un’importante novità è quella prevista dall’art. 19 della legge 13/12/2024, n. 203, che ha introdotto il nuovo comma 7-bis all’art. 26 del D.Lgs. 151/2015, il cosiddetto Collegato Lavoro, entrato in vigore il 12 gennaio 2025. Con tale intervento normativo sono state introdotte numerose novità in ambito lavoristico per semplificare alcune procedure per la gestione dei rapporti di lavoro e, tra le altre cose, è stata definita anche la nuova procedura delle dimissioni per fatti concludenti. È bene sottolineare che le dimissioni per fatti concludenti rappresentano una modalità di risoluzione del rapporto di lavoro che si concretizza attraverso il comportamento inequivocabile del lavoratore, comportamento dal quale si evince la volontà di recedere dal contratto senza necessità di una manifestazione esplicita. Con la nota n. 579 del 22 gennaio 2025 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito anche un quadro operativo chiaro circa gli adempimenti a carico del datore di lavoro in caso di dimissioni del lavoratore.
Il Collegato lavoro stabilisce che l’assenza ingiustificata del lavoratore dal posto di lavoro protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato o, in mancanza di una previsione contrattuale, l’assenza superiore a quindici giorni, può portare alla risoluzione del rapporto di lavoro. Negli ultimi anni sono stati numerosi i casi di lavoratori che per disinteresse o per acquisire il diritto alla NASpI non hanno proceduto ad inviare telematicamente le dimissioni, lasciando sospeso il rapporto di lavoro e costringendo le aziende ad avviare un procedimento per assenza ingiustificata, al fine di arrivare ad un licenziamento disciplinare a carico del lavoratore. Proprio per questo il Collegato lavoro prevede le dimissioni per fatti concludenti che altro non sono che una particolare fattispecie di dimissioni volontarie. Pertanto, il lavoratore assente non può accedere alla prestazione di disoccupazione NASpI in quanto la cessazione si presume volontaria, infatti in questo modo il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore anche in assenza della procedura telematica di dimissioni. In caso di dimissioni per fatti concludenti il datore di lavoro non deve avviare la procedura di licenziamento del lavoratore ed è esonerato dal pagamento del relativo “ticket”, mentre il lavoratore, in quanto dimissionario, non ha diritto a percepire l’assegno NASpI. È importante sottolineare, però, che questa possibilità non riguarda il caso in cui il lavoratore riesca a dimostrare di essere stato impossibilitato a lavorare per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, inoltre, ha specificato che se il datore di lavoro intende far valere l’assenza ingiustificata ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro è tenuto a inviare alla sede dell’Inl la comunicazione di assenza ingiustificata del lavoratore indicando il periodo di assenza e tutti i dati essenziali per effettuare gli accertamenti. In questo caso è l’Ispettorato a dover verificare, entro 30 giorni, la sussistenza di eventuali cause di forza maggiore che potrebbero aver impedito al lavoratore di comunicare al datore di lavoro l’assenza, rendendo dunque inefficace la risoluzione del rapporto di lavoro.
A cura di Fondo EASI – Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa
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