Amiloidosi cardiaca: il sospetto può nascere dall'elettrocardiogramma

Amiloidosi cardiaca: il sospetto può nascere dall'elettrocardiogramma

Amiloidosi cardiaca: il sospetto può nascere dall'elettrocardiogramma

Amiloidosi cardiaca: le bottigliette di plastica nel muscolo cardiaco

La malattia chiamata “amiloidosi” rappresenta in realtà un gruppo di malattie definite rare ma che dal crescente numero di soggetti malati che si stanno identificando, non è poi così occasionale. Questa malattia è caratterizzata dall’accumulo dannoso di sostanza amiloide all’interno dell’organismo e può accumularsi, in alcune forme, anche a livello del cuore.
Si presenta, principalmente, in due forme: 1) una forma AL, legata a patologie neoplastiche, in particolare il mieloma multiplo; 2) una forma ATTR, da transtiretina, una proteina del fegato, che a sua volta si può dividere in una forma ereditaria (ad espressione più giovanile) e in una forma non ereditaria wild type. Questa forma è tipica dalla settima decade in poi.
Questo materiale insolubile si presenta sotto forma di piccole fibrille ed è composto da proteine che, per cause diverse, si sviluppano in maniera anomala e si depositano nei vari organi senza essere poi rimosse. Un esperto di amiloidosi cardiaca che in Italia ha scoperto molti aspetti di questa malattia insegnando a tantissimi giovani cardiologi (e non solo) a riconoscerla fu il Prof Claudio Rapezzi che definiva queste proteine ristagnati nel muscolo cardiaco un po’ come le bottigliette di plastica nel mare che galleggiano e tanto faticosamente possono essere rimosse. Esistono diverse forme di amiloidosi, ognuna delle quali è dovuta ad una specifica proteina difettosa: si tratta di patologie multisistemiche, che colpiscono numerosi organi e tessuti: cuore, reni, apparato gastrointestinale, fegato, cute, nervi periferici e occhi. Il cuore, in particolare, è l’organo bersaglio in cui l’amiloide si deposita più frequentemente, provocando una condizione chiamata “amiloidosi cardiaca”, che si manifesta con un quadro di scompenso cardiaco in fase non avanzata. In realtà già nelle fasi iniziali, ci sono delle manifestazioni cliniche che possiamo definire “spia”, e che se conosciuti e messi insieme fanno diagnosticare la malattia prima che essa si manifesti in modo eclatante e quindi curabile. Infatti prima si fa la diagnosi, definendone il tipo e se geneticamente determinata, prima potremmo accedere a delle cure impensabili fino a pochi anni fa e che ci permettono di sopravvivere.

Come sospettare clinicamente l'amiloidosi: che sintomi?

Quando mi viene chiesto dal paziente “ma quali sintomi dovrei avere?” sono sempre un po’ in difficoltà, combattuta tra la tentazione di spiegare nel dettaglio segni e sintomi della patologia in questione affinché il paziente possa riconoscerla precocemente, e dall’altra parte la paura di generare ansia e autodiagnosi che espongono il paziente ad una serie di esami inutili e mal coordinati. La diagnosi di amiloidosi è essenzialmente clinica, parte da una sincera chiacchierata (meglio definirla anamnesi) in cui descriviamo al nostro medico ed allo specialista i sintomi che abbiamo e vedrete che il buon specialista cardiologo e neurologo riusciranno come un investigatore modello Sherlock Holmes a guidarci verso il percorso per la diagnosi finale. L’importante è pensarci. Anche se l’amiloidosi cardiaca da transtiretina (la proteina che più spesso si accumula) si manifesta generalmente con sintomi quali scompenso cardiaco o aritmie, è una malattia sistemica e può presentare diversi sintomi non cardiaci, come quelli oftalmologici, neurologici e gastrointestinali, specialmente nel caso della forma ereditaria mutata e per questo potrebbero essere necessarie delle visite specialistiche prima di arrivare alla diagnosi conclusiva.
I sintomi sono generalmente aspecifici e solo unendoli in processo deduttivo si può arrivare a capire quando prescrivere esami successivi. I sintomi infatti comprendono mancanza di fiato (dispnea), gonfiore alle caviglie non solo la sera, ma anche al mattino al risveglio, palpitazioni, pressione bassa anche in assenza di terapia antipertensiva. E’ infatti classico il reperto di un soggetto che da sempre aveva la pressione alta (ipertensione arteriosa) e che nel giro di pochi mesi non tollera più la terapia perché i valori si sono normalizzati fino a diventare anche troppo bassi senza magari nemmeno l’uso dei farmaci antipertensivi.
Le manifestazioni dell’amiloidosi possono essere legate anche all’interessamento di tutti gli altri organi e apparati possono essere moltissimi, tra cui in particolare quelli della sfera neurologica come ad esempio la presenza di parestesie, diminuzione della sensibilità degli arti ma ancor più la sindrome del tunnel carpale bilaterale: In entrambe le forme, di ATTR mutata o meno, la sindrome del tunnel carpale bilaterale può precedere di diversi anni l’insufficienza cardiaca. I depositi di amiloide, infatti, possono trovarsi a livello di uno o più organi in combinazioni diverse, provocando una sintomatologia estremamente variegata come ad esempio alterazioni della funzionalità renale, del fegato e dell’apparato gastrointestinale.

Può un semplice elettrocardiogramma aiutare?

Di fronte al sospetto clinico del nostro medico di base o dello specialista che abbiamo consultato, se il sospetto è molto forte, ci verranno prescritti degli esami. In particolare per la forma AL, la diagnosi viene effettuata mediante esami del sangue, delle urine e successivi accertamenti onco-ematologici. Invece per la forma ATTR, la diagnosi si basa su valutazioni morfologiche del cuore tramite tecniche di imaging cardiaco avanzate come un ecocardiogramma transtoracico in prima battuta. Gli esami diagnostici includono oltre all’ecocardiografia, risonanza magnetica cardiaca, test genetici, scintigrafia con tracciante osseo (questo è in effetti il primo esame da fare dopo esami ematochimici, ECG ed ecocardiogramma!). Ma come può una malattia di questo tipo essere diagnosticata all’elettrocardiogramma? Ebbene un semplice elettrocardiogramma abbinato alla storia clinica ci può indirizzare già da subito alla diagnosi.

L’elettrocardiogramma è l’espressione sulla carta millimetrata della corrente elettrica del nostro muscolo cardiaco. La condizione necessaria perché io rilevi “corrente” è che ci sia quindi muscolo cardiaco sano, altrimenti se anziché avere tutte cellule miocardiche ber organizzate, io ho del tessuto amorfo (praticamente le bottigliette di plastica di cui si parlava sopra!) esso in qualche modo “attutisce” la corrente elettrica. In tale condizione il nostro elettrocardiogramma di base non avrà dei bei voltaggi alti espressione di un muscolo sano, ma molto bassi, ed il nostro tracciato sembrerà proprio una linea con minuscole montagnole ( il cosiddetto QRS): in modo più elegante e cardiologico il nostro elettrocardiogramma sarà refertato come con “bassi voltaggi”. Esistono altre condizioni che determinano questi bassi voltaggi come ad esempio un enfisema polmonare o un versamento intorno al cuore, ma la nostra storia clinica ed una buona visita da uno specialista indirizzano al vero colpevole!

Prof.ssa Martina Perazzolo Marra,
Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica
Università degli Studi di Padova

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